Piacevolissimo saggio che classifica e racconta, con ricchezza di esempi, rimandi letterari e artistici, cenni storici e un buon compendio iconografico, il mondo soprannaturale “mostruoso” e demonologico della cultura giapponese, che ha origine dal folklore popolare e dalle tradizioni dello Shintoismo e del Buddhismo.
Dopo una breve ma interessante introduzione, l’autrice descrive le varie e numerose creature, che suddivide in yōkai – 妖怪, bakemono – 化け物, oni – 鬼, yūrei – 幽霊, in una trattazione leggermente accademica (l’opera è infatti nata come tesi di laurea) e poco speculativa, ma gradevole, scorrevole e pulviscolare. Esaustiva per il curioso e ricca di spunti e suggerimenti di lettura e ricerca per il yamatofilo – neofita e non –, frutto di un lodevole, impegnato ed esteso lavoro di documentazione.
Deludente, purtroppo, il capitolo che raccoglie le interviste a cittadini giapponesi, che mostra come, nella realtà attuale, la maggior parte di loro non sappia molto di queste creature e non ne subisca più non solo il timore – giustamente – ma nemmeno il fascino. Molti degli intervistati non sapevano nemmeno nominare esempi di tradizioni, feste e cerimonie legate agli yōkai, e riferivano come loro unica “fonte” di – vaga – conoscenza Ge-ge-ge no Kitarō, un famosissimo manga di Shigeru Mizuki (creato nel 1959 e poi più volte adattato in anime, movie e games), invece di citare autori come Akinari Ueda e Lafcadio Hearn o i classici della letteratura giapponese come il Konjaku monogatari-shū, il Nihon Shoki o il Kojiki, solo per citarne alcuni o, ancora e soprattutto, la tradizione orale giunta da nonni e genitori. Che queste leggende così ricche, fascinose, ammalianti non siano più vitali in Giappone e siano inesorabilmente destinate a una morte silenziosa e indifferente, non può che rattristare. Profondamente. Solo a questo ultimo capitolo è dovuta la mezza stellina mancante al voto pieno, perché il resto dell’opera è davvero ottimo!
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