My rating: 3 of 5 stars
Questo racconto breve, che all'apparenza potrebbe banalmente narrare la storia di un amore idealizzato, (view spoiler) in realtà propone una metafora tagliente, già annunciata dall'ironia sottilmente polemica del titolo. Il protagonista è in un certo senso lo specchio del Giappone dell'epoca, del Giappone che ha sacrificato la sua essenza più vera in favore della mostruosa maschera occidentale. Miura ha infatti uno spirito legato agli antichi ideali, ma ha accolto le usanze occidentali, come denotano il suo abbigliamento e l'arredamento della sua casa. E questa coabitazione in lui delle due anime, o meglio di un'anima e di un'apparenza esteriore, è votata alla delusione e al fallimento. L'incontro con la "moglie moderna" è la pietra di inciampo che svela questa fallibilità. Miura è disposto a morire per far brillare un ideale – nella contingenza, l'amore vero e puro – è disposto al sacrificio per il senso del dovere, proprio come i samurai della Ribellione Shinpuren per realizzare il sogno di riportare il Giappone dell'era Meiji alla perduta amenità dell'Era Tokugawa.
[...] andammo a vedere un dramma ispirato alla Ribellione Shinpuren. Ricordo che fu dopo la scena finale, quella del suicidio rituale da parte di Ono Teppei, che Miura improvvisamente si voltò verso di me per chiedermi, con quell'espressione seria del volto: «Non provi una certa simpatia per loro?».
Ancora fresco dei miei studi all'estero, detestavo qualsiasi violento retaggio di quel passato ormai screditato, quindi risposi freddamente: «No. Mi sembra naturale che coloro che fomentarono un'insurrezione a causa di un'ordinanza che proibiva di portare la spada fossero destinati all'autodistruzione».
Miura scosse la testa con un'aria insoddisfatta «La loro causa può essere stata sbagliata, ma la loro volontà di morire per essa merita comprensione, o qualcosa di più».
Allora lo rimbeccai con una risata: «Certo, come non invidiare qualcuno che getta via la propria unica vita per il sogno infantile di riportare la generazione del periodo Meiji alla perduta Età dell'Oro?».
Ma la sua risposta fu ancor più seria e definitiva: «Non potrei desiderare nulla di meglio che morire per un sogno infantile in cui abbia davvero creduto».
Eppure, proprio come questi falliscono e vengono trucidati e addirittura ora derisi perché il loro sacrificio è stato vano, Miura scopre che l'ideale per cui vorrebbe morire non esiste più, perché è stato reso impuro, si è incarnato in una realtà talmente disprezzabile che non vale più la pena morire per esso.
Miura, con il suo volto pallido e sottile, i lunghi capelli divisi nel mezzo, guardò il sorgere della luna e improvvisamente emise un lungo sospiro, osservando tristemente, seppure con un sorriso: «Una volta, qualche tempo fa, definisti un sogno infantile la causa dei ribelli dello Shinpuren e la loro volontà di combattere sino alla morte. Be', forse ai tuoi occhi anche la mia vita matrimoniale...».
«Forse. Ma significherebbe anche che nel giro di cento anni il nostro obiettivo di raggiungere un moderno illuminismo somiglierà altrettanto a non più che un sogno infantile».
Esteticamente impeccabile come sempre la prosa di Akutagawa, capace di tratteggiare con le parole immagini superbe e vivide.
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