«Fammi pensare… amo l’odore del mosto, i toni sommessi. E soprattutto le favole scritte per chi vuole sognare di essere ciò che non è ancora.»
I racconti dell’ombra è un libretto di minute dimensioni, impreziosite dalla sobria eleganza del design della cover e dai delicati eppur incisivi acquerelli (opera dell’autrice) che introducono ciascuno dei sei racconti presentati. Quest’aspetto esteriore ben rispecchia il contenuto del libro, perché i racconti, pur nella loro brevità, appaiono densi, finiti, ricchi, grazie a una scrittura piuttosto raffinata, priva di virtuosismi e sovrastrutture ridondanti, ma capace di evocare atmosfere dal sapore magico e antico.
Si ha come l’impressione di avere tra le mani sei piccole sfere incantate, da avvicinare al viso per vedervi prendere forma all’interno, nei toni bui e nebulosi ai confini tipici dell’ombra e del sogno, i contorni di castelli, taverne e botteghe, e scorrere le vicende e le voci di altre epoche e altre genti – monaci, dame, nocchieri, magare, spettri, artigiani, affascinanti personaggi storici come Vlad Dracul e il re Alarico.
Il fil rouge che lega tra loro i racconti è il tema del Tempo. Il Tempo che scorre inesorabile, che sfugge tra le mani e che si vorrebbe poter sconfiggere e fermare, conquistando la vita eterna (L’eterno abbraccio del biancospino e L’orologiaio di Norimberga); il Tempo da imbrigliare e cavalcare per fare la Storia e vivere per sempre, in altro modo, nei ricordi dei posteri (Sul Lago di Snagov); il Tempo dei vivi e il Tempo dei morti, che conoscono ritmi, distanze e valori differenti (L’ombra e Belle); il Tempo cui bisogna imparare a dar forma e senso (Un rosso da re). Non a caso due protagonisti dei racconti sono orologiai, depositari di un rapporto privilegiato col Tempo; rapporto che finisce però per tradire entrambi, l’uno per la smania di vincerlo, l’altro per la certezza di non poterlo fare:
«Tutto ebbe inizio in un mattino d’autunno, quando all’improvviso sentii con altre orecchie il ticchettio delle lancette. Quel rumore discreto che fino ad allora m’era stato famigliare, d’un tratto mi giunse minaccioso e invadente come il segno tangibile del tempo che passa e della vita che finisce» raccontò l’uomo con voce profonda, più calda di un panno di lana. […] «Comprendo il tuo cruccio: quel giorno hai svelato il tuo stesso inganno, scoprendo che per avere il governo del tempo non basta saperlo rinchiudere dentro a una scatola.»
Profondi nell’essenza e piacevolissimi nella forma, grazie a una narrazione sapientemente cadenzata, questi racconti – tra i quali brillano preziosi il fiabesco Belle e l’incalzante L’ombra – hanno un solo limite. Forse a causa della brevità, ma più probabilmente per una scelta narrativa consapevole, vivono all’interno di quelle magiche sfere di vetro e lasciano il lettore fuori, col viso vicino vicino per scrutare ogni dettaglio curato e ogni parola poetica, ma sempre mero spettatore impossibilitato a partecipare, mai veramente coinvolto. Proprio come accade con quelle palle di vetro dentro le quali si vede cader la neve senza mai poterla toccare…
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