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Ho aperto questo piccolo spazio per me, per raccogliere recensioni ed articoli scritti in questi anni come blogger (per Diario di Pensieri Persi) e redattrice (per Speechless Magazine e urban-fantasy.it), ma soprattutto come la lettrice maniaco-compulsivo-ossessiva che sono da sempre (eccomi su aNobii). Ma se tu, che ci sei capitato per caso, trovassi qualcosa di utile o interessante e magari desiderassi fermarti un poco per confrontarci e scambiare qualche chiacchiera sui libri, non potrò che esserne felice.

mercoledì 20 novembre 2013

"Clockwork Prince" di Cassandra Clare

THE INFERNAL DEVICES SERIES book 2 
“Clockwork Prince” 

Sollievo e nostalgia. Bizzarro come si azzuffino nell’animo sentimenti tanto contrastanti chiusa l’ultima pagina di questo libro Il sollievo nasce dal bisogno del cuore di una tregua per riprendersi dai tanti colpi subiti durante la lettura e – magari – per riuscire a distaccarsene. La nostalgia invece è dovuta alla difficoltà – colpi ricevuti, finale sorprendente e delusioni subite a parte – di separarsi da Will, Tess, Jem, Magnus e dalla loro Londra cupa e piovosa, ma assolutamente vitale, in cui si muovono Dawnworlders (Nascosti) e Shadowhunters (Cacciatori) dai modi antichi e un poco compassati (anche se scandalosamente più sciolti rispetto al mondo vittoriano nel quale vivono), ancora non a loro agio nel clima illusoriamente pacifico degli Accordi appena stipulati (sono passati solo dieci anni dal fatidico 1868), segnato da malcelata diffidenza e da traballanti e spesso falsi tentativi di alleanze e collaborazione, perché ancora troppo vicini e vivi sono i ricordi di repressioni, vendette e prevaricazioni che per secoli hanno caratterizzato la loro lotta senza quartiere né regole. 


Ovviamente, il sollievo e la nostalgia sono frutto di una lettura irrazionale, coinvolta, assolutamente di parte. Ma difficilmente avrei potuto leggere in altro modo questo libro che va ad aggiungere un prezioso tassello ad uno dei mondi urban fantasy più ricchi, sfaccettati, riusciti e coinvolgenti mai creati. La Clare è una garanzia. L’ho ripetuto a ogni anteprima, a ogni recensione, in ogni commento casuale, a ogni amico cui ho consigliato la sua saga. È una garanzia perché ogni suo libro è qualcosa più di un semplice scritto, nero su bianco; la sua scrittura è capace di creare realtà e personaggi straordinariamente tridimensionali, al contempo complessi ed accessibili, dotati del raro dono di entrare con naturalezza ma anche con prepotenza nell’immaginario e nel cuore, emozionando nel profondo! Ed è una garanzia anche quando – e a ben vedere soprattutto per questo – disattende le aspettative semplicistiche, creando un’opera che differisce dalla precedente (osannatissima) nello stile più lento e più introspettivo, nell’atmosfera più grave e dark, arricchita da elementi steampunk e gore, nell’essenza stessa dei personaggi, più spigolosi, più consapevoli, meno freschi e lontani dal concedere spazi a ingenuità e leggerezza. 

Ma ora sei divisa, sei spaccata in due, carne della sua carne, ma cuore del mio cuore; e profonda per l’una è la radice amara, e dolce per l’altro il fiore eterno.
(Algernon Charles Swinburne – Il trionfo del tempo) 

Non è stato facile leggere un intero libro in cui questi protagonisti compivano ogni passo esattamente nella direzione contraria a quella del mio cuore. E, spesso senza saperlo, del loro. Già gravati da tanti dolori, orfani e ciascuno a proprio modo ingabbiato da una forma di maledizione (per Will quella che gli ha lanciato il demone, per Jem la sua malattia, per Tess l’incognita della sua vera natura), assistere al loro avanzare inconsapevole verso altra sofferenza e altre ferite, è stata una fatica che ho fronteggiato con una lettura lenta, a piccole dosi – per me totalmente inusuali –. Una dinamica spiazzante e insolita, che si ripete nelle due saghe della Clare, è quella per cui i personaggi più vivi, quelli dai contorni più netti e nitidi, quelli la cui anima trapela dalle pagine e squarcia le difese del lettore, quelli che lei circonfonde di poesia, che dota di profondità inattese, che ferisce con destini dolorosi e passati struggenti, non sono le sue due protagoniste (Clary e Tessa), ma i due uomini che esse amano (Jace e Will) e, in minor misura, gli altri due uomini per i quali provano un affetto talmente intimo da indurle a confonderlo nei momenti di difficoltà o inconsapevolezza con l’amore (Simon e Jem). 

Tessa aveva cominciato a tremare. Era quello che aveva sempre voluto sentirsi dire. Quello che, nell’angolo più riposto del cuore, aveva sempre voluto che Will le dicesse. Will, il ragazzo che amava gli stessi libri che amava lei, le stesse poesie, che la faceva ridere anche quando era furiosa. Ed eccolo davanti a lei, a dirle che amava le parole del suo cuore, la forma della sua anima. A dirle qualcosa che non aveva mai immaginato di sentirsi dire e che non si sarebbe sentita dire mai più, non in quel modo. E non da lui. 

Clary e Tess sono differenti, eppur simili nella loro forza, nel contegno con cui affrontano perdite e delusioni, in una certa razionalità con cui gestiscono l’amore e ne accettano gioie e infelicità. Non così Jace e Will che dietro a ironia, spacconeria e aggressività celano malamente la fragilità dovuta al cuore andato in pezzi e la forza con cui strenuamente continuano a combattere contro infausti destini e solitari passati. E non così Simon e Jem, diversissimi tra loro, ma accomunati dall’affetto e dall’attenzione che l’autrice mostra loro, condannati ad essere ombre nel cuore delle protagoniste eppure dotati di una luminosità che permette loro di conquistarne comunque un pezzettino speciale e tutto loro. 

È così che durante la lettura si finisce col parteggiare per il vitale, burbero, a volte crudele ma affascinante, profondo e meraviglioso Will, o magari per Jem se se ne amano la sensibilità, l’altruismo, la generosità, e non più scontatamente per Tessa. Che sbaglia, che mente a se stessa, che trattiene lacrime e sentimenti con un equilibrio che le si potrebbe invidiare ma che si desidererebbe vedere andare in frantumi (come accade nella bellissima scena dell’attizzatoio, forse una delle più evocative e incisive del libro). Tessa è depositaria dell’amore di quasi tutti gli altri personaggi, ma i lettori amano più coloro che la amano di lei. Perché, nonostante l’autrice crei una trama corale utilizzando differenti points of view, il lettore diventa Tess. Più a dimensione umana, più comune, meno tragica, più concreta, con Tess è agevole immedesimarsi e il suo punto di vista offre una posizione accogliente e confortevole; non ci si innamora di lei, ma con lei e attraverso di lei degli altri personaggi

Tessa estrasse l’attizzatoio dal fuoco: risplendeva rosso come un cuore. Chiuse la mano intorno alla punta. Per un istante non sentì assolutamente nulla. E poi, come da una grande distanza, udì se stessa gridare, e fu come se una chiave le girasse dentro il cuore liberando infine le lacrime. L’attizzatoio cadde rumorosamente a terra. Quando Sophie, avendo sentito il suo grido, si precipitò nella stanza, la trovò in ginocchio accanto al fuoco, con la mano bruciata premuta contro il petto: singhiozzava quasi stesse per spezzarlesi il cuore. 

In questo capitolo della saga accade di tutto. Rivelazioni, morti inattese, alleanze insidiose, tradimenti dolorosi, battaglie sanguinose, evocazioni di demoni, riunioni del Consiglio al gran completo. Eppure sono i sentimenti dei protagonisti a dettare i battiti del cuore e il ritmo dei capitoli, a volte lenti per i tentennamenti e le rinunce e a volte in corsa a perdifiato per la disperazione o per la speranza. Così, amicizie nascono, altre si trasformano e altre ancora si sacrificano; e amori si scoprono dopo dieci anni, o arrivano inattesi e benvenuti, mentre altri muoiono prima di poter respirare a pieni polmoni, soffocati dai se e dai ma e dalla struggente consapevolezza di quello che avrebbe potuto essere ma che non potrà mai. 

Ad arricchire tutto questo, le riflessioni legate al personaggio di Magnus sull’immortalità e il senso degli affetti nella prospettiva dell’eternità da una parte, e le numerose citazioni e i continui rimandi ad opere letterarie dell’epoca dall’altra, che introducono ogni capitolo, mostrandone spesso il significato più vero e profondo, e che accompagnano il burrascoso rapporto tra Tess e Will, in qualche modo allontanandoli e ma anche stringendoli in una comunione di animi che difficilmente riusciranno a slegare… 

Sono stanco di lacrime e risa, e degli uomini che ridono e piangono di ciò che potrà avvenire in futuro a chi semina per raccogliere: sono esausto di giorni e ore, boccioli sfioriti di sterili fiori, di desideri e sogni e poteri e di tutto fuorché del donno. - Swinburne. – Will annuì. – Sentimentale e sopravvalutato. - Tu non sai cosa significhi essere immortali. – Magnus gettò via il libro e si raddrizzò.

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