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Ho aperto questo piccolo spazio per me, per raccogliere recensioni ed articoli scritti in questi anni come blogger (per Diario di Pensieri Persi) e redattrice (per Speechless Magazine e urban-fantasy.it), ma soprattutto come la lettrice maniaco-compulsivo-ossessiva che sono da sempre (eccomi su aNobii). Ma se tu, che ci sei capitato per caso, trovassi qualcosa di utile o interessante e magari desiderassi fermarti un poco per confrontarci e scambiare qualche chiacchiera sui libri, non potrò che esserne felice.

venerdì 18 ottobre 2013

"La morte della Pizia" di Friedrich Dürrenmatt

Ogni libro di Dürrenmatt che ho letto pare avere il coinvolgente, cadenzato, onirico ritmo di una ballata e la straordinaria capacità di trasformare la rivisitazione e manipolazione di un mito in un nuovo e universale archetipo. Come Il Minotauro rielaborava il mito del Labirinto come luogo della segnalazione dell’alterità e del riconoscimento dell’ineluttabile solitudine cui è destinato l’uomo [vedi Specchless Magazine 01, pagg. 108-111], La morte della Pizia rianima il mito di Edipo come metafora dell’insondabilità e dell’inafferrabilità della Verità.

Nella versione di Dürrenmatt, capriccio, arroganza, premeditazione e corruzione hanno composto, con irriguardosa beffa nei confronti degli dei, la serie di oracoli che hanno fatto da guida alla vicenda di Edipo, Giocasta e Laio e della Sfinge. Qualcuno di questi personaggi ha creduto negli oracoli e ha seguito quello che considerava essere il volere degli dei; qualcun altro, invece, ha finto di crederci solo per tornaconto personale. Ma infine, qualunque sia stata l’intenzione al momento del vaticinio e qualunque sia stata la consapevolezza degli attori messi in scena, gli oracoli hanno comunque avuto compimento: forse amor fati, forse self-fulfilling prophecy o forse vero intervento divino, chissà. 

E quando le ombre di ciascun personaggio coinvolto nella triste e crudele storia appaiono dinnanzi alla Pizia di Delfi e al veggente Tiresia, creatori e manipolatori dei messaggi “divini”, entrambi morenti, ognuna racconta il proprio ruolo, confida la propria sofferenza, ma soprattutto svela la propria verità. Che non è mai la Verità. Perché questa, come spiega bene Tiresia nel lungo e illuminato monologo finale, è inaccessibile:

La verità resiste in quanto tale soltanto se non la si tormenta. 

La costruzione sapiente di Dürrenmatt, che intreccia, incastra, collide eventi e racconti, è diegeticamente magistrale: più si disvelano o vengono rivelate verità, più in realtà diventa immenso e insondabile il Mistero.

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